SANGUE E ARENA

Articolo di Dario Romano.

Villaggi pur senza chiese dove è impossibile non scorgere almeno un rettangolo da gioco.
È il Brasile.
Dove il futebol non è che si senta proprio a casa ma ci vive meglio.
E in Britannia aspettano e aspetteranno ancora.
Che strano deve essere: hanno dato il titolo ad un libro infinito ma la prosa l’hanno scritta gli altri.
La poesia, invece, sta oltreoceano e intorno a due fiumi: Rio delle Amazzoni e de la Plata.
Il Tamigi, piccato, tra il fumo di Londra fuma di rabbia.

Tra quelle piccole arene polverose spicca il talento che porta all’avvento.
Non aveva le scarpe, faceva chilometri in bicicletta, la mamma lavorava di notte per pochi spiccioli, ha cinque/sette fratelli che non hanno la sua testa, la sua determinazione.’
Oltre al dono del talento, ovviamente.
Queste storielle quante volte le abbiamo sentite.
Delineano un quando ben chiaro e soprattutto veritiero.
Non oso immaginare come finisce la storia per i tanti bidoni che varcano l’oceano tornando con le pive nel sacco.
Ma c’è chi sfonda davvero: è il fuoriclasse o appena giù di lì.
E ti accorgi che si comporta come un gladiatore che si è guadagnato la libertà.

Il nostro SPARTACO mette a ferro e fuoco lo stivale.
Con i piedi, con la testa.
Tanta, troppa roba.
Ci ha fatto venire le vertigini mentre chi si faceva sotto se la faceva anche addosso.

Poi, lo hanno inglobato.
Gli hanno dato pure la cittadinanza.
Ma la sua ultima, vera battaglia, AMAURI Carvalho de Oliveira l’aveva già disputata.
Era con la nostra legione: aquila sospinta dal vento.
Noi al settimo cielo, il belpaese col malcontento.
Nella città del palio, è finito a terra come un cavallo azzoppato, tra la sabbia.
Mi ribolle il sangue, a riveder le sue gesta.
Il boato dell’arena é ciò che mi resta.

Lo chiamavano come il pulcino, CALIMERO.
Piuttosto, un LEONE.
ROSANERO, of course.

Dario Romano
Football History Administrator

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