Sempre a fronte alta – Lo sgambetto del nano!!!

Rubrica di Paolo Rizzo

Dopo una fantastica cavalcata per dieci lunghe settimane, è arrivata una sconfitta che non ha scalfito per niente il primato in classifica e le velleità di vittoria finale da parte dei prodi rosanero.

Una sconfitta inaspettata ed immeritata sotto tanti punti di vista che forse lascia ancor di più l’amaro in bocca per una serie di ragionamenti che vanno comunque affrontati. In primis l’atteggiamento tenuto in campo dai diretti protagonisti.

A fronte di una squadra quale quella del Savoia – dilettantistica per professione – che ha saputo da subito imbastire un gioco falloso e condito da simulazioni e proteste, nonché da perdite di tempo, il Palermo è caduto nel tranello ed ha reagito con nervosismo e con estrema confusione, lasciando che il gioco si svolgesse ben lontano dall’area di rigore ed ancor di più dalla porta avversaria.
Il finora saggio mister non ha letto bene la dinamica della partita ed ha tardato nei giusti cambi, così come nel tranquillizzare la truppa rosanero per evitare che la trappola si completasse.

Come ulteriore schizzo di impurità, c’è da valutare un arbitraggio fin troppo protagonista di decisioni azzardate e di inspiegabili sviste oltrecchè di mancanza di polso nei momenti decisivi.
Questo è quello che ci ha regalato il campo, ma che tutto sommato poco interessa rispetto all’analisi che quest’oggi si vuole affrontare.

E già, perché il protagonista in assoluto di questa sconfitta è stato il popolo rosanero che non ha risposto innanzitutto presente all’appello di riempire lo stadio in un momento magico, dove le vittorie e l’entusiasmo si è susseguito in maniera dirompente.

C’era da popolare i gradoni come non mai ed invece la gente ha preferito forse risparmiare tempo e denaro per assistere alla prossima partita della nazionale a Palermo, dimenticando che la vera guerra da vincere è quella della nostra squadra e non quella di chi ci omaggia del bel calcio solo quando ce lo deve dare nel sedere!!!
Al di là delle scarse presenze (parliamo sempre di 17.000 spettatori paganti che per la D, per la C, per la B, e finanche per la A sono pur sempre un privilegio), quello che è mancato è stato l’entusiasmo delle scorse partite, la voglia di trascinare la palla in rete, la gioia di saltare e cantare come negli scorsi incontri. L’atmosfera che si è respirata nei 100 minuti di gioco è stata quasi soffocata, quasi distratta, quasi fin troppo sufficiente, rispetto all’importanza della posta in palio. A fronte di una squadra rognosa, di un arbitraggio non all’altezza della situazione, di un risultato difficile da sbloccare, è mancato l’apporto del pubblico…è mancato l’urlo estremo della folla, è mancato il cuore pulsante delle curve che sanno bene come e cosa si fa in questi casi.
Al di là degli sbagli di Tizio o di Caio, del gol sbagliato o annullato a Nofrio e Virticchio, il ruolo della folla doveva essere di ben altro spessore e ciò sta a significare che si è mollata la presa, che le troppe feste ed i troppi viaggi trionfali hanno fatto dimenticare quello che è maledetto in questa assurda categoria dove se vuoi alla fine risalire devi vincere il campionato sin dal girone d’andata perché al ritorno gli applausi di periferia si trasformeranno in agguati da infermeria, le strette di mano e le pacche sulle spalle si trasformeranno in pietrate e sputazzate, le partite anche facili sulla carta subiranno delle strane trasformazioni in virtù dell’agonismo esasperato che subisce anche la tentazione della tasca da riempire.
Finora abbiamo vissuto in un clima ovattato e profumato, ma il lezzo del marcio ci aspetta al varco e questo vale tanto per la squadra quanto per i tifosi ed è pertanto lecito ripensare a serrare le fila ed a mostrare il pugno chiuso anzicchè la mano aperta in segno di pace e speranza.
In casa la gente deve capire che l’ambiente va caricato per sferrare i colpi giusti nei posti giusti, fuori casa occorre attaccare per non essere aggrediti. Siamo tra i dilettanti e nessuno ci sta a perdere più che nelle altre categorie. Ogni estremo lembo di provincia o di periferia comincerà ad aspettarci per giocare e vincere la partita della vita e questo noi non lo dobbiamo né possiamo consentire.

Dinanzi ad una sconfitta non si risponde con le solite chiacchere da bar dove “a pasta chi saiddi era pronta“ … oppure con il classico “mi schiafiavu “… Questo genere di atteggiamento lasciamolo al passato ed a coloro che in fondo questa maglia non l’hanno mai amata e continueranno a non amarla per sempre … Noi siamo Aquile e lo dobbiamo dimostrare in campo, nel cielo e sugli spalti … ma non solo a parole.
Incazzati come non mai e orgogliosi come prima, dimostriamo il cambiamento!!!
Quello di domenica consideriamolo solo lo sgambetto di un nano … e ristabiliamo la nostra APPARTENENZA.

Paolo Rizzo

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