Al veleno

Articolo di DARIO ROMANO

 

La nostalgia è un veleno.

Insapore, come l’arsenico: il principe dei veleni, il veleno dei principi.

Maurizio Zamparini ne ha usato e abusato con tutti noi, a piccole dosi.

L’effetto delle inalazioni più deleterio per lui che per sterminare una massa.

E così scomparirà, sbiadendo una favola che stavolta non avrà un lieto fine?

TIC TOC TIC TOC BIG BEN HA DETTO STOP?

Non ancora, abbiate pazienza.

Perché nonostante il pressing della Procura, il patron non molla con il fuorigioco.

Ad ogni intervista ci ricorda delle trattative in corso, menzionando sempre lo stadio, il centro sportivo, appuntamenti con il sindaco mentre in realtà la direzione è verso l’aeroporto.

I vassalli ad annuire, il popolo a rosicare.

Le cordate ci sono e ci sono state.

A materializzarsi, soltanto gli specchietti per le allodole.

Ponte è l’ultimo di questi, più precario del Morandi.

Sta crollando prima di sedersi sulla poltrona.

Il vero re è nudo: per dare ha dato ma soprattutto ha tolto spogliando se stesso, svuotando lo stadio, uccidendo una passione.

Idealmente gli abbiamo tagliato la testa, per il suo calcio medievale.

A sostenerlo, i devoti del nonsenso.

Quelli che senza Zamparini niente Miccoli, Pastore, Guidolin e Delio Rossi.

Le vittorie sulla Juve e la Coppa UEFA.

Vorrei vederli traditi dopo 10 anni di matrimonio felice.

Il patron è stato elogiato, riverito, ringraziato a dovere: per una favola iniziata sul campo del Barbera e finita sul prato dell’Olimpico.

Dopo, soltanto l’incubo: finisce di colpo e mai con un lieto fine.

E ti avvelena dentro.

Intanto, cosa fa l’Aquila che ha smesso di volare?

Da una rupe guarda scorrere un rigagnolo.

PANTA REI.

Da lì la vista è mozzafiato.

Lo stadio, un bel pezzo di PALERMO.

In attesa che passi l’ennesimo presidente.

 

Dario Romano

Football History Administrator

 

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